Riflessione del vangelo
“Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi”. C’è sempre una radicale differenza tra l’essere i primi della classe e l’essere bravi. I primi della classe possono esserlo semplicemente perché hanno imparato bene la lezione. I bravi invece lo sono perché l’hanno capita, e per questo possiedono la materia in una maniera più autorevole. Il Vangelo ci dice che Gesù parlava con autorevolezza, non a memoria. È come se volesse suggerirci che il cristianesimo è credibile solo a partire dall’aver fatto nostro ciò in cui crediamo e non semplicemente da saperlo perché letto da qualche parte. Tutti possiamo conoscere la teoria, ma ciò che fa la differenza è la pratica. Ed è l’impatto con il male che svela se noi siamo dalla parte giusta o sbagliata. Infatti il male può lasciarci tutti i ragionamenti, ma è sempre messo in crisi quando incontra qualcuno che vive ciò che ha capito: “Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: «Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell’uomo». E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui”. Tutti noi con la nostra vita, con il tentativo di mettere in pratica il Vangelo dovremmo diventare un esorcismo vivente. Lì dove un cristiano è davvero cristiano urta sempre il male e lo costringe a manifestarsi, a venire allo scoperto. Un cristiano, a cui funziona autenticamente il battesimo, chiude la bocca al male che incontra, lo costringe alla fuga, ad andarsene, perché un vero cristiano è sempre il prolungamento di Cristo nella storia. In questo senso una madre che fa autenticamente la madre è come un esorcismo. Un prete che va bene il prete è come un esorcismo. Un medico che fa bene il medico è come un esorcismo. E questo è sotto gli occhi di tutti: infatti quando uno fa bene ciò che è, e ciò che fa, innervosisce sempre i mediocri, gli ipocriti, gli opportunisti, i furbi. È il male che si ribella.
Marco 1,21-28
Don Luigi Maria Epicoco